A quattro anni di distanza dall’ultimo lavoro, esce a ottobre "Dei cani", il nuovo disco di Non voglio che Clara prodotto da Fabio de Min e Giulio Ragno Favero (Teatro degli orrori, One Dimensional Man, Mooro). L’album vede la partecipazione straordinaria di Port-royal (ensemble elettronico genovese, fra i pochi prodotti d’esportazione italiani), Diana Tejera (cantautrice romana, già autrice per Tiziano Ferro) e Mia Julia Schettini (voce della band romana Palomino Blitz), oltre allo stesso Giulio Favero. "Dei cani", terzo album della band di Belluno guidata da Fabio De Min, è un'opera contemporanea e allo stesso tempo lontana da ogni moda musicale, un disco lirico e toccante che racconta di ciò che rimane dell'amore quando l'amore è lontano, di scioperi sindacali e cani abbandonati d'estate, di una stagione della vita che finisce portando via con sè ricordi e pezzi di ciò che siamo stati, di un futuro in cui "c'è un tempo buono anche per ambire/ad un tempo migliore". Il titolo è un richiamo alla figura ricorrente del cane nella poesia majakovskiana, i brani, undici morsi di rancore, sono il racconto scomposto di una stagione cattiva, anzi terribile.
A quattro anni di distanza dall’ultimo lavoro, esce a ottobre "Dei cani", il nuovo disco di Non voglio che Clara prodotto da Fabio de Min e Giulio Ragno Favero (Teatro degli orrori, One Dimensional Man, Mooro). L’album vede la partecipazione straordinaria di Port-royal (ensemble elettronico genovese, fra i pochi prodotti d’esportazione italiani), Diana Tejera (cantautrice romana, già autrice per Tiziano Ferro) e Mia Julia Schettini (voce della band romana Palomino Blitz), oltre allo stesso Giulio Favero. "Dei cani", terzo album della band di Belluno guidata da Fabio De Min, è un'opera contemporanea e allo stesso tempo lontana da ogni moda musicale, un disco lirico e toccante che racconta di ciò che rimane dell'amore quando l'amore è lontano, di scioperi sindacali e cani abbandonati d'estate, di una stagione della vita che finisce portando via con sè ricordi e pezzi di ciò che siamo stati, di un futuro in cui "c'è un tempo buono anche per ambire/ad un tempo migliore". Il titolo è un richiamo alla figura ricorrente del cane nella poesia majakovskiana, i brani, undici morsi di rancore, sono il racconto scomposto di una stagione cattiva, anzi terribile.
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