Max Pezzali - "Terraferma"

Con “Terraferma” Max Pezzali si riaffaccia sul mercato discografico ritrovando alla produzione quel Claudio Cecchetto insieme al quale, in passato, ha confezionato tanti album di successo. Il cantante pavese viene da una buona partecipazione a Sanremo 2011 con “Il mio secondo tempo”, che gli è costata l’eliminazione quando era a un passo dalla finale. Poco male: a Max la kermesse festivaliera è servita più che altro per ritrovare il contatto con il pubblico dopo alcuni anni di assenza. Concentrandoci, però, sulla sua ultima fatica, dobbiamo dire che il risultato non è dei più esaltanti. Il problema non è solo che questo lavoro sa di già sentito. C’è di più: qui all’ascoltatore viene sbattuta prepotentemente in faccia la solita forma espressiva che da vent’anni caratterizza il modo di scrivere dell’ex 883, come se invece stessimo sentendo chissà quale novità. La realtà è ben altra: non c’è crescita, non c’è evoluzione. Niente di niente. E poiché Pezzali, nelle interviste che hanno preceduto il lancio di questo cd, ha parlato più volte di maturità, del suo nuovo status di quarantenne padre e via dicendo, è abbastanza deludente trovarsi di fronte a una roba che sembra davvero “il secondo tempo”… degli 883. C’è un unico elemento che cambia: se prima Max Pezzali raccontava le proprie esperienze di viveur al presente, come se fossero specifiche di quel momento, ora le narra al passato (vedi “Ogni estate c’è”), ma la sostanza è la medesima. Fondamentalmente si adotta un furbo escamotage per non risultare goffamente “giovani a tutti i costi”, senza tuttavia venir meno a una continuità stilistica che in passato, a livello commerciale, ha pagato. Se oggi gli adolescenti rischiano di non riconoscersi nei brani di Pezzali, che citano cose troppo lontane per creare identificazione, e i suoi fan di vecchia data (ormai cresciuti) non vogliono perdere il Max di un tempo, ecco che l’artista cerca – e trova – un’ideale via di mezzo. Non mancano le canzoni d’amore (“Quasi felice”, “Terraferma”, “Quello che comunemente noi chiamiamo amore”), mentre musicalmente siamo in un territorio pop che non disdegna echi di elettronica anni ’80, come accade in “Sto bene qui” e “Fiesta baby”. Insomma, Max Pezzali avrà pure trovato la sua terraferma, ma per noi con questo disco naviga a vista.

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